alla prima pioggia
Alla prima pioggia, in maggio
le canalette di casa hanno evacuato
un profluvio di mozziconi, domani
ritirano l’umido, poi l’intera stirpe
di un insetto s’è schiusa in un grappolo
d’uova fuggite via brulicante pensieri
dentro al lavandino, nel panico nudo
ho visto il futuro accanto alla doccia
tagliarmi la gola, fluire insieme all’urina,
e il genocidio s’è consumato grazie
a una semplice abluzione…
chiedendomi, cosa leggi, dottore, nel nostro sangue,
ci salverai dal delirio dei globuli
tra vent’anni chi laverà le nostre mutande
sporche… chi sta fumando sul tetto?
Nel bar-karaoke di Piazza Bologna
assaggiammo il suono dell’indecenza,
naufraghi nella risacca scura degli amari
non fummo più dalla parte degli uomini.
Scogli il bagno nel mercurio adriatico
che mieté braccia e polsi ma s’impietosì
delle teste, ficcate in quell’ecatombe di ’17.
L’orizzonte, un limite naturale della finitezza
ricavato su un cartoncino infinto, azzurro.
Stasera cammino per le nostre rovine,
per il tuo silenzio presso cui il demone
mio si è spesso pacificato, vicino a una
bottiglia di Porto invecchiato come noi
ma a un ritmo diverso.
Scegliere l’immobilità del regime
anziché questa rivoluzione abortita
è il punto aperto sulla nostra uscita dalla storia.
Allora ti scrivo perché più non si scrive
a un amico per ciò che già sa:
l’amore non cambia, sostituisce.
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