Nòstos, di Andrea Agostini
Testo di Vincenzo Montisano
Infine, da settentrione a meridione, la provincia italiana è un deserto identico. La polvere delle dune ammanta le piazze dei borghi soporiferi, i casolari desolati che vivono per una notte per poi scomparire, le pinete per gli abboccamenti, i campi delle pianure e delle colline coltivati soltanto dalla gratuità della bruma mattutina. Qui, non venite. Qui, non c’è niente, se non un’equivoca malattia che corrompe il patrimonio genetico dei nascituri, che gli tatua sottopelle la legge della diaspora. E importa poco che alcune madri, ormai imbiancate dalle stagioni, ancora sgranino con dita nodose quel rosario e, nella guaina delle loro vestaglie da notte, le guance rigate di lacrime, attendano sulla soglia del nido il ritorno degli eredi; poco importa che altre si siano scordate d’aver messo al mondo il frutto di un amore commissionato. Bisogna pure che l’infanzia esaurisca nella cesura irreversibile del cordone ombelicale, che i bimbi assimilino i desideri degli adulti, che imparino a sopravvivere alla violenza degli abbracci spezzati nella burocrazia della separazione. […]