II / I

vincenzo montisano


II.
Il giorno ischemico cuce
la tenerezza all’età del ferro,
delle schiene spezzate.
Se ti osservo, vedo la riluttanza
di chi ha provato e ha perso.
Gioisco della carne con alito
di carogna, se tu me la concedi;
usurperemmo la fissione nucleare
come arnese di devastazione,
insieme ceneremmo alla tavola dell’egoismo
e i disavanzi, in terra, sarebbero il nostro amore;
il sole a mezzanotte, casa
e la speranza non più cancro.
Oggi strisciamo addosso ai muri:
la nostra comunione è un atto di guerra
sottoscritto da luce ultraterrena.

I.
Chino il capo a un angolo di muro:
il latrato del randagio che accenta
la solitudine, per un poco di calore
toccherà d’incendiare il mare.
L’emarginazione non mente
mai, ha ere di ferro.
Il latrato ammutolisce:
sono la carcassa a bordo-strada
che compra morte a buon mercato
mentre passa da un lato all’altro del nulla.
Sbottono il mio disastro biologico,
faccio dono di sacralità alla notte
e in bocca all’altare dell’immenso
e dello sconfinato, piscio.

luglio 2017

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